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domenica 25 marzo 2012

Se una rondine non fa primavera...


Dopo una buon'ora passata a navigare e un'altra a scrivere un po' del nuovo libro, faccio una "pausa"... scrivendo! A parte che scoprire dall'web che è già arrivato il momento di portare avanti l'ora è stato di per sè un trauma, ebbene, cosa fareste se come un archeologo vi ritrovaste con in tasca da ore un post-it scritto chissà quando e ormai ritenuto perso e dimenticato, rinvenuto tra i giochi del figliol prodigo (anzi, preciso che è stato proprio lui che me l'ha gentilmente dato, pescandolo dai suoi suddetti effetti personali, sorridendo e dondolando la sua testolina riccioluta tutto compiaciuto) recante un preciso messaggio: concorso in scadenza il 30 Marzo, invio racconto max il 25... Beh, il pomeriggio è trascorso senza che potessi anche solo mettermi tranquillo un attimo a pensare al da farsi, anzi, me la son presa proprio comoda. Già in passato ho visto come racconti o storie troppo ragionate non abbiano portato a nulla, mentre quando mi sono lasciato guidare dall'istinto, dall'ispirazione, dalla mano in preda ad un raptus, i risultati siano stati ben diversi. Così facendo, fino a poco fa, nonostante il foglietto incriminato fosse poi stato messo in bella vista a margine del netbook, niente: l'ho ignorato e ho continuato a fare come nulla fosse, finchè... DIN! Ecco che qualcuno ha premuto l'interruttore giusto! (Beh, avete ragione, l'interruttore non fa proprio questo rumore...) Interrompo tutto, prendo uno dei miei innumerevoli quadernetti (avete presente quelli del noto supermercato con su tutti quei personaggi trasformati in ortaggi o verdure?), sguaino la mia penna preferita e butto giù al volo la storia in un attimo, come se fosse sempre stata lì, tirata semplicemente fuori da un cassetto. Sicuramente domani mi alzerò, guarderò quello che ho scritto e mi autodenuncerò come folle, ma poi con un'aggiustatina tutto sarà a posto e pronto all'invio. Anzi, mi viene in mente che i concorsi per racconti brevi a cui volevo partecipare quest'anno erano più di uno: altri post-it da cercare?

Intanto colgo l'occasione per qualche aggiornamento. E' stata finalmente fatta l'intervista all'autore del libro L'Autore di RicordiSantolo Taglialatela Scafati: dovrei postarla a breve, così come il primo capitolo del libro citato.
Ho partecipato alla mia prima Catena di Lettura; avrò modo presto di recensire il libro che ho letto e chissà, magari di intervistarne l'autore.
Dovrei finalmente avere qualche statistica interessante riguardo al mio libro, come già accennavo in un recente post. Poi finalmente vorrei postare qualcosa di mio, incipit di romanzi, racconti, giusto per vedere che ne pensate e se ce la fo ancora... ;)

venerdì 23 marzo 2012

Vamos!


C'è chi le chiama coincidenze, chi inneggia al caso, chi rimanda tutto al fato o al destino o a chissà cos'altro. Fatto sta che domenica il mio piccolo ercolino avrebbe fatto la sua prima "uscita ufficiale", nel senso che finalmente, mangiando ormai di tutto (e quando dico di tutto intendo proprio di tutto! Tutto suo padre, eh eh eh) ebbene, gli intrepidi genitori avevano pensato di andare in un preciso ristorantino sapendo che avrebbero trovato il giusto ambiente per metterlo alla prova. Neanche a metà strada, anzi, appena partiti, ed ecco il cambio di programma. Praticamente ci siamo fermati in un altro posticino, quasi sotto casa. Situazione idilliaca (tanta tranquillità e ambiente piacevole), magnata godereccia (apprezzata anche dal piccolo 4stomaci), ed ecco la sorpresa: già conosciamo i proprietari del ristorante ma... non si finisce mai di stupirsi! E tutto comincia con la moglie che mi chiede del libro che ho scritto e poi vuole scambiare quattro chiacchere. Ed è un tripudio di scambi d'opinione sul mondo fantasy, spaziando dai libri ai videogiochi. Chi l'avrebbe mai detto? A volte pensi di conoscere una persona o chissà quale idea ti fai... Le bontà della cucina spagnola ed un buon vino autoctono, unite ad una piacevole conversazione "fantaletteraria": cosa chiedere di più?  

giovedì 8 marzo 2012

La Spada BIanca - Capitolo 1


CAPITOLO 1

Mi svegliai di soprassalto in piena notte, consapevole che quanto avevo sognato non era frutto di una fantasia sfrenata, bensì la realtà, una cruda ed amara realtà. Tutto il mio vecchio corpo era freddo, come se avessi dormito un sonno eterno, ma non mi meravigliai: del resto la vita e la morte per me erano due entità inscindibili che mi accompagnavano, e mi accompagnano tuttora, da tempo immemorabile.
Mi alzai dal giaciglio a rilento, presi il logoro mantello appoggiato su una sedia e lo indossai sopra i pantaloni e la camicia, anch'essi ridotti all'osso, forse più di me. Lo sguardo mi cadde sulla spada, una bellissima ed antichissima Katana, poggiata a terra accanto alla parete: sapevo fin troppo bene che dove stavo andando non mi sarebbe servita e la lasciai lì.
Mi avvolsi nel mantello, coprii la testa col cappuccio e mi affrettai ad uscire dalla catapecchia che mi ospitava già da molti anni, inoltrandomi nella notte fredda. Il cielo stellato, anche se opaco, mi indicò la via in mezzo al deserto e con il mio grave passo iniziai a camminare senza più la baldanza e lo spirito di un giovane.
Mi stavo dirigendo incontro a qualcosa che avrebbe mutato la mia esistenza e ne ero consapevole. Non era sesto senso, tanto meno una qualsiasi reazione emotiva a farmelo sapere, ma la mia perfetta conoscenza del passato e del futuro, così come conoscevo, e conosco, i segreti della vita e della morte.
Era scritto da tempo immemore che questo giorno sarebbe arrivato ed io non potevo fare nient’altro che accettare l'ineluttabile.
Mentre proseguivo nel cammino mi guardai un attimo intorno ed all'evanescente chiarore stellare vidi solo deserto e solitudine. La qual cosa mi era fin troppo familiare in quanto, da anni, avevo scelto di vivere isolato, da eremita ed i pochi sopravvissuti al disastro non sapevano neppure che esistessi. O meglio: erano certi che fossi morto, dato che avevo da un pezzo superato il secolo di vita.
Era quasi l'alba quando, infine, giunsi sul posto.
La scena che mi si presentò agli occhi era identica alla visione: il furgone era stato dato alle fiamme e lo scheletro annerito fumava ancora, alzando una colonna nera verso il cielo terso. Mi avvicinai e gettai un'occhiata all'interno e le ossa, o quello che restava, sparse sul posto di guida mi confermarono che l'uomo era stato dato alle fiamme insieme al furgone. Con un sospiro distolsi lo sguardo e scrutai intorno.
Un fiumiciattolo scorreva lì vicino, quasi seccato dal perenne calore del sole, e mi avvicinai osservando sconsolato il corpo sfigurato e mutilato di colei che nella visione mi era apparsa bellissima. L'acqua scorreva tra i suoi lunghi capelli e li faceva brillare come diamanti alla luce dell'aurora, mentre il braccio teso testimoniava che fino all'ultimo aveva cercato di proteggere qualcuno. Al suo fianco, lungo la sponda, giaceva riverso il corpo dell’altro ragazzo, poco più di un bambino e con sollecitudine mi diressi verso di lui. Mi inginocchiai e delicatamente lo rigirai, gli sollevai la testa scansandogli i capelli dal volto esangue, timoroso di essere giunto in ritardo ed al mio tocco le sue labbra pallide tremarono appena, facendomi tirare un sospiro di sollievo.
Con delicatezza lo presi in braccio, ignorando volutamente la ferita che gli squarciava in due il torace e dalla quale continuava a fluire sangue e mi accinsi a tornare sui miei passi, ben sapendo che l'altro bambino non l'avrei trovato.
~
Ricordo perfettamente che per un attimo il ragazzo morì; sentii la su anima lasciarlo in silenzio, discretamente, pronta a tradirlo quando più aveva bisogno di lei, portandosi con sé i pochi anni di vita vissuta. A dispetto della mia esperienza, sapevo di non poter fare nulla: dovevo solo attendere.
Rimasi immobile al suo capezzale, con gli occhi chiusi ed una mano posata sulla ferita che avevo ricucito e che avrebbe lasciato una brutta cicatrice a perpetuo ricordo. Il suo cuore ancora giovane era fermo, ma sapevo con certezza che il suo cervello ed il suo corpo erano vivi e che invocavano a gran voce il ritorno alla vita.
Mentre ero lì in attesa che la sua anima tornasse, vidi il suo passato, così chiaro e limpido che mi parve di viverlo in prima persona.
All'inizio tutto era buio e non riuscivo a respirare, mentre mi dondolavo e mi rigiravo in un liquido sconosciuto che mi faceva sentire protetto. Provavo la sensazione di fluttuare in un universo scuro, senza luci e, nonostante il buio, non avevo paura. Capii che mi trovavo nell'utero materno e mi godetti quegli attimi privi di peso, dove mi muovevo con estrema facilità. Solo quando fu il momento di nascere qualcosa miattanagliò lo stomaco, mentre venivo spinto dentro un cunicolo troppo stretto per la mia struttura fisica e sentii un dolore lancinante nell'attimo stesso in cui vidi la luce per la prima volta.
Ma se quella volta fu solo una sensazione, ricordo perfettamente il dolore che ho provato tutte le volte che sono venuto al mondo. Questa, però, è un’altra storia.
Vidi il ragazzo crescere robusto e sereno, circondato dall'affetto dei genitori e protetto dalla cattiveria umana dalla solidarietà degli abitanti del suo villaggio. Provai la sua stessa gioia quando, a sei anni, nacque il fratellino, che lui vedeva come un esserino grinzoso e niente affatto attraente. La sua famiglia si dedicava alla coltivazione di un piccolo pezzo di terra insieme a tutti gli abitanti del villaggio e lui, quando non doveva badare al fratellino, aiutava volentieri nella semina o nel raccolto, contribuendo, nel suo piccolo, al benessere della comunità. Fin quando un giorno il Re non aveva deciso di occupare l'intero villaggio per farne una sua residenza, confiscando la terra e rendendo schiavi gli abitanti. Per questo motivo la sua famiglia, nel marasma che si era creato, era fuggita; ma l'esercito del Re, che era lì proprio per loro, li aveva raggiunti ed aveva ucciso i genitori senza pietà e ferito a morte il ragazzo, credendolo morto, e portandosi via il piccolo.
La storia, ora, era al presente ma, ciò nonostante, continuai a vedere il ragazzo crescere con un vecchio che gli faceva da maestro per renderlo perfetto. Il suo futuro non fu più un segreto per me e quello che vidi mi fece soffrire oltremodo.
Riaprii gli occhi e seppi che il ragazzo era di nuovo vivo: la sua anima era tornata, rimandata indietro dai disegni di Kamido.
Allora mi alzai dalla sedia, presi una ciotola piena d'acqua e con una salvietta gli inumidii il volto pallido e gelido.