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lunedì 17 maggio 2010

Corso di degustazione


Erano almeno un paio d'anni che avevo questo pallino. Mi piace bere del buon vino, ho naturalmente le mie preferenze, come tutti, però un conto è entrare in una cantina o in un'enoteca e chiedere certe bottiglie solo perchè sono le più rinomate e con quelle si sa di andare sul sicuro, di non sfigurare; un'altra cosa è anche saperne "leggere" la vera essenza. La prima lezione del corso è stata davvero interessante: ho preso un'infinità di appunti, ho conosciuto gente disponibile e simpatica; ho bevuto, pardon, sorseggiato in un modo tutto nuovo ciò che è stato proposto per il primo approccio al fantastico mondo dei somelier. E non è che sia mia intenzione intraprendere tale carriera, però ora apprezzo e guardo con rinnovato piacere il calice che stringo tra le mani. La cosa che più mi ha colpito, nell'insieme delle nozioni di base, storiche o tecniche che siano, è l'incredibile semplicità e naturalezza con cui, alla fine, in realtà si entra in contatto. La fermentazione, il barricato, tappi di sughero o meno, bollicine o non bollicine, stappa tu che stappo anch'io. Assaggi inebrianti (e non solo di vino, la pancetta fatta in casa dal Maitre della serata era NOTEVOLE). Probabilmente non riuscirò a spiegarmi meglio e non intendo assolutamente riproporre tutta la lezione (IMPOSSIBILE! Atmosfera unica e poi per i vini come faremmo? Assaggio telematico?). Intendo solo sottolineare come concetti ormai datati nel tempo siano sempre attuali ma fondamentali! Mi piace pensare che l'uomo, nonostante tutta la neotecnologia possibile e concepibile, per certe gioie della vita debba ancora affidarsi alla preziosa natura, che ci ripaga alla grande nonostante le nostre colpevoli mancanze nei suoi confronti. Spero, prima della fine del corso, di riuscire a carpire il segreto dell'esame uditivo (quando bevo già sento delle voci, che sia la strada giusta?), per ora un brindisi a voi e alle splendide giornate che stanno arrivando. PROSIT!

I CILIEGI IN FIORE

Ricordo ancora quando mano nella mano correvamo per ore per i verdi prati, cercando quello che per noi era veramente importante: la nostra felicità! Ma tutti, bene o male, cercano di essere felici… mah, ora non ne sono poi tanto sicuro… o forse, semplicemente, non ci credo più. Ho smesso di credere in qualunque cosa. Il fatto è che il silenzio che ci circonda mi opprime: tutto è così vuoto, così privo di un senso, di vita, quasi inesistente. Eppure qualcosa c’è, qualcosa c’è stato… Forse sto sprecando il mio tempo inutilmente con astrusi ragionamenti, l’importante è essere sopravvissuto alla grande esplosione. Già… La Grande Esplosione.

A volte immagino che non ci sia mai stata, ma tutto ciò è fisicamente impossibile: se ci riesco per qualche istante è già tanto, troppo! Non potrò mai più dimenticare quel giorno.
Distesi sull’erba fianco a fianco, con lo sguardo in alto rivolto ai ciliegi in fiore e le orecchie tese per poter meglio ascoltare il cinguettio degli uccelli, ce ne stavamo in silenzio, come se quella magica atmosfera da cui ci sentivamo avvolti non dovesse mai finire. Il vento ci sfiorava i volti con gentilezza, quasi non volesse disturbare quella serenità che si era instaurata con tanta naturalezza. Riuscivo a vederla benissimo anche con gli occhi chiusi; forse, anzi, ne sono sicuro, anche per lei era lo stesso.
Non era la prima volta che sdraiati nell’erba, mano nella mano, avevo la sensazione che stavamo provando le stesse cose, che sentivamo il mondo nello stesso modo. Non era la prima volta. Eppure, in quell’occasione, tutto ciò mi sembrò strano, diverso dal solito: forse dipendeva dalla sua stretta di mano che, senza che me ne accorgessi, si era affievolita sempre di più, fino a diventare impalpabile. Non ci feci caso, inizialmente: mi addormentai anch’io…
Mi svegliò di colpo un grande frastuono: il sole non sembrava più tanto caldo come prima; gli uccelli, a stormi, si erano alzati in volo rumorosamente, quasi cercassero di fuggire da qualche cosa; il vento spirava con forza crescente ed alcune nuvole, comparse minacciosamente, sembravano correre come impazzite in una danza inarrivabile. Quando vi fu nuovamente un grande botto assordante e la terra cominciò a tremare, senza voltarmi capii che si trattava del vulcano. Non mi voltai perché anche se nella mia mente pensavo a tutte queste cose, il mio cuore voleva scoppiarmi nel petto: non si svegliava. Nonostante tutto quel trambusto continuava a dormire. Come ci riusciva?!
In quel periodo ero ancora troppo piccolo, non riuscivo e non volevo capire: pensavo che lo facesse apposta, che voleva farmi uno scherzo… La mamma continua a ripetermi che si trova insieme a papà, nel cielo, lassù fra le stelle, ma io so qual è la verità: mi sta aspettando da qualche parte, dove i prati sono ancora verdi e i ciliegi fioriscono ogni volta più belli…

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Corni&Pecc 2° atto!

Grazie a Silvia ecco l'attesissimo programma della mitica sagra ormai in arrivo! Ricordo ancora che quest'anno si svolgerà in quel di Cittiglio, in provincia di Varese, nell'ultimo weekend di maggio: per l'esattezza da venerdì 28 a domenica 30. Per saperne di più potete rileggervi il mio vecchio post dedicato all'evento, intitolato CORNI E PECC 2010 (nella Black Library, in  "Ai confini della realtà"), oppure visitare il sito http://www.corniepecc.it/ (dove potrete trovare anche informazioni più dettagliate sulle passate edizioni e su quella in arrivo) o collegarvi direttamente a  http://www.protezionecivilecittiglio.it/ArchivioPDF/pieghevolecorniepecc.pdf. In particolare, nel secondo avrete a disposizione il pieghevole della manifestazione con tanto di mappa e tappe, naturalmente reperibile anche sul luogo, ma così vi fate già un'idea. Ci vediamo tutti lì? ;)

domenica 9 maggio 2010

ARGENTO

Si racconta che Argento fosse il più felice degli esseri viventi sulla Terra: poteva coprire grandi distanze come e quando voleva, con il suo modo di volare così perfetto. Cosa poteva chiedere di più, lui che sembrava tutt’uno con il cielo e spesso pareva dar del tu al signor vento, alle nuvole, al sole; lui che sembrava poter dominare le stelle, tanto amava volare silenzioso e leggiadro anche nel buio della notte… A tutto questo pensava spesso mentre volteggiava con estrema eleganza sulle valli e guardava con arrogante superiorità, dall’alto in basso, anche le montagne più alte, fino a quando, un giorno, la vide…

In quella mattina di primavera il vento era meno freddo del solito, nonostante l’altezza a cui stava volando e la vicinanza di alcuni nevai. D’un tratto, una folata d’aria calda lo convinse a lasciarsi guidare per altre vie, cullandosi nel dolce tepore di quelle correnti. Si trovò in pochi minuti nei pressi del grande lago dove ogni anno, ripetutamente, vi si dirigeva per poter assistere allo spettacolo dei prati che, giorno dopo giorno, fiorivano in mille colori e in mille profumi: che scena spettacolare si presentava sempre ai suoi occhi. Probabilmente era l’unica cosa cui si sentiva inferiore, ma quel giorno era destino che qualcosa cambiasse la sua vita.
Dal bosco attiguo al lago un’insolita figura catturò la sua attenzione. Si avvicinò volando in picchiata e raggiunse velocità incredibili, tanto era ansioso di capire perché le sue piume stavano fremendo in quel modo. Con un semplice gesto delle grandi ali rallentò la sua discesa e puntò tra i pini più alti, fino a fermarsi su di un grosso ramo. La guardò e quasi si sentì mancare…
Quei capelli sembravano oro, tanto erano splendenti e lucenti alla luce del sole! Avrebbe voluto avvicinarsi e far almeno finta di interessarsi alle briciole di pane che dalle mani la ragazza offriva ad alcuni passeri, solo per poterle essere più vicino; avrebbe voluto avvicinarsi almeno un poco e vederla meglio, ma già da dove si trovava riusciva comprendere quanto quegli occhi azzurri, infiniti come il cielo, lo avevano rapito. Prese subito il volo, ancora frastornato, con in mente i dorati capelli, i due occhi che racchiudevano il cielo, le bianche vesti che ne esaltavano la bellezza.
Per la prima volta si sentiva confuso… Osò addirittura non degnare di uno sguardo l’amico sole che, cercando di consigliarlo e non avendo alcuna risposta, ne rimase offeso; fu lo stesso per il vento, la montagna, le nuvole…
Solo ora Argento capiva quanto la solitudine lo aveva accompagnato per tutta la sua esistenza: voleva conoscere l’amore… Ma cosa stava combinando? Stava forse fuggendo da quella visione angelica? Si fece forza e con una manovra che gli risultò più faticosa del solito, tornò indietro dalla ragazza dai dorati capelli, dagli occhi che racchiudevano il cielo e dalle bianche vesti che n’esaltavano la bellezza.
Si posò su di una roccia ai piedi della grande quercia, madre e padre di tutti gli esseri viventi della foresta, ed osservò da lontano la sua dolce visione. Per qualche secondo se ne stette fermo ed immobile, tanto che gli parve un’eternità. Solo un raggio di sole poté distrarlo per un attimo, ma fu soltanto un attimo.
Quando si voltò si sentì ardere in modo indicibile: la ragazza gli correva incontro e, raggiuntolo, continuò a parlare tendendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi, visto che era seduto. Era seduto!? Che miracolo era mai quello? Ora era un uomo! Tese quella che secondo lui doveva essere una mano e si alzò in piedi. Il contatto tra i due, probabilmente lo fece arrossire.
La ragazza cominciò a ridere…
Rideva di lui! Rideva di Argento! Non riusciva a dire nulla, non sapeva parlare. Continuava a ridere di lui! Non capiva ciò che gli diceva, ma capiva che ora rideva di lui…
Mentre una lacrima gli solcava il viso, la ragazza, i cui capelli non erano più dorati, i cui occhi non racchiudevano più il cielo, e le cui bianche vesti ora erano inutili e sbiadite, se ne stava andando fischiettando e saltellando.

La foresta si fece silenziosa.

L’atmosfera era pesante e l’aria quasi irrespirabile: il cuore gli sembrava doversi spaccare da un momento all’altro. Cominciò a correre all’impazzata, anche se in modo scomposto, e superata la grande quercia si buttò per il pendio. Pensò solo che voleva morire, che voleva farla finita. Che ingenuo sono stato… Ma qualcosa andò storto…
Erano l’amico vento, che ora lo sorreggeva con cura, e l’amico sole, che lo scaldava con altrettanta premura; il cielo era di nuovo suo amico e sia le montagne che le nuvole gli sorridevano ancora, come sorelle.
«Non possiamo permettere che finisca così.» dissero in coro.
In quello stesso istante, Argento poté nuovamente stendere gli agili artigli e tendere con forza le poderose ali, tanto da librarsi nell’aria con la solita innata maestria. Mandò subito uno sguardo d’intesa al sole, alle montagne; si lasciò cullare dal vento, sorrise alle nuvole. Capì di aver sempre avuto tanti cari amici. Capì che contava soprattutto saper parlare col cuore…

Si racconta che Argento fosse il più felice degli esseri viventi sulla Terra: sicuramente, ora lo era più di prima…

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venerdì 7 maggio 2010

Racconti dal passato

Ho recentemente notato come nei giorni di pioggia io venga colto, in modo totalmente casuale, tanto da totale apatia quanto da improvvisi raptus di compulsiva frenesia. Quindi, se sentite gocciolare ritmicamente e un po' noiosamente sui davanzali della finestra, sempre che vi interessi, tenete presente che c'è un folle che: o è lì tranquillo che sta leggendo l'ennesimo libro tutto d'un fiato come se il mondo intero non esistesse, o è in trans da ripulisti da "acquazzone" (la pioggia lava, purifica...). Il che si tramuta nella ricerca per la casa di tutto ciò che è rimasto nel dimenticatoio, forse da buttare definitivamente, visto che non era stato fatto la volta precedente, o forse da riscoprire, per poi magari ridecidere di buttarlo in un secondo momento! Vabbò, fatto sta che in questi giorni ho ritrovato alcune mie vecchie opere (ma vecchie vecchie). Già allora avevo una certa fantasia, e devo ammettere con piacere che rileggerli mi ha lasciato un certo non so che nell'animo: non esagero. A quei mini racconti erano legate tante emozioni e tante sensazioni che tuttora sono ben salde nella mia memoria. Incredibile come uno magari non ricordi dove ha appena lasciato il portafogli e lo cerchi disperato per tutta casa, mentre certe immagini rimangono lì, INDELEBILI, SCOLPITE E INCANCELLABILI! Piacevoli o meno che siano, per questo purtroppo non c'è logica o regola che tenga. Naturalmente ve li proporrò, e chissà se qualcuno ricorderà di averli letti... e se riproverà le stesse emozioni...

mercoledì 5 maggio 2010

GENESI

Ho sempre odiato le giornate di pioggia. O meglio, ho sempre odiato andare in giro quando piove. E tutto ciò senza un motivo apparentemente valido. Forse perché sono un tipo molto impulsivo e quando piove sembra esserci un qualcosa che ti costringe a fermarti a riflettere. La cosa più struggente è il silenzio che pesante e noioso sembra avvolgerti sottoforma di costante e fastidiosa pioggia cadente…

Ricordo ancora quella notte. Ero tornato da un ricevimento e nel buio assoluto, stravolto ma con ancora nelle orecchie il goliardico frastuono della festa e la baldoria in cui qualche istante prima ero immerso, me ne stavo seduto scompostamente sul divano. In una mano tenevo un boccale di birra, nell’altra una sigaretta spenta. Me ne stavo immobile, e solo il rintocco continuo e monotono dell’orologio a pendolo appeso ad una parete - riuscivo a percepirne la presenza nonostante non potessi vederlo - mi riportava al mondo reale.

Cominciò a piovere. Non dissi nulla e cercai di rimanere indifferente, ma ne ero visibilmente contrariato. Dopo qualche minuto suonò il telefono. Era la mia ex-moglie: mi pregava di raggiungerla in ospedale perché la piccola stava male e non riusciva a capire cos’avesse. Non vedevo entrambe da quattro anni, dalla nascita della bambina. Feci per uscire ma mi fermai sulla porta: pioveva! E poi, probabilmente, non era nulla di serio… tornai al mio comodo divano.

La pioggia aumentò improvvisamente d’intensità e anche se solo per un attimo mi parve di udire una voce che mi chiamava. Inizialmente non ci feci caso ma in seguito, vista la sua insistenza, mi diressi alla finestra e guardai in giardino. Vidi un’ombra molto piccola, quasi di bambino, che muoveva un braccio accennando un saluto. Feci per dirle di mettersi al riparo, che si sarebbe presa un bel raffreddore, ma la voce mi uscì strozzata: era mia figlia, Micòl! Corsi alla porta e cercai di aprirla, ma nonostante tutta l’ irruenza che ci misi non ci riuscii: lei era lì, continuava a salutare nonostante la pioggia e con voce tanto dolce ma tanto triste, cominciò a dire:

«Vieni papà. Ho bisogno di te. Vieni…»

Sembrava supplicarmi.

E io non riuscivo ad aprire quella maledetta porta!

«Vieni papà. Ho bisogno di te…» continuava a ripetere! La dannata porta non si apriva!

Ad un certo punto disse:

«Ti voglio bene comunque… So che ci hai provato…» scomparve...
La porta si aprì; la pioggia calò d’intensità e il cielo si schiarì un po’ ed io, che stavo in mezzo al giardino col viso rivolto in alto, cominciai a piangere.

Il telefono squillò, ma non avevo bisogno di andare a rispondere, sapevo già tutto: quel “comunque” mi aveva fatto capire tante cose.

«Anch’io…» dissi sommessamente, con le lacrime che, miste ad un’amarezza mai provata prima, mi solcavano il viso.

«Anch’io…»

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martedì 4 maggio 2010

Piove, senti come piove, ma guarda come piove, senti come viene giù, UUUUUU

Ebbene, ieri il sole si è fatto vedere giusto il tempo di farmi decidere per una corsetta e quando ormai l'allenamento era finito, ma nel mentre... vento e una quasi bella lavata. E oggi... non c'è scampo! E tutti quei bei calabroni che già ronzavano alle finestre indecisi se entrare o meno a fare un tour della casa? Se ci lamentiamo noi, chissà loro! Tornando a cose più serie (!), l'immagine parla da sè, anche se ero tentato di mettere quella che vedete alla fine del post, troppo divertente. Non è che in questo periodo sono particolarmente preso da attaccamento morboso ai supereroi (sempre stato), ma se avete notato, nelle sale cinematografiche sfornano annualmente almeno un film su questi amatissimi personaggi. E sinceramente devo dire che la mossa porterà alla copertura di un luuungo periodo temporale, visto che basta pescare nel passato per scovarne così di gente in calza maglia! Scusate... un attimo che la tolgo... fatto. Dicevo? Ah, sì, senza contare le varie "evolution" e "morti apparenti". E gli intrecci che si verranno inevitabilmente a creare, per via delle varie Alleanze. A proposito, non vedo l'ora di vedere come quando nei fumetti Iron Man e Hulk se le davano di santa ragione. O meglio, quando Hulk le dava di santa ragione all'omino de fero! Piuttosto, ora che mi viene in mente, dovrei avere in giro una foto di quando da piccolo mi sono vestito da La Cosa, l'uomo roccia degli F4:  poi la cerco... Ma caspita, come sto divagando! L'esigenza di scrivere questo post nasce dalla notizia non ancora confermata che forse l'eroe a stelle e strisce per eccellenza verrà impersonato da... Brad Pitt! (pausa con mani che avvolgono un volto affranto e disperato) NON POSSONO FARMI QUESTO! Fino all'anno scorso dicevano che avrebbero usato un attore sconosciuto e americano doc, il che esclude tanti altri noti attori accostati al cast, ma Brad... Solo mia moglie (e chissà quante altre tuse) fa salti di gioia. UFF. Ma dove andremo a finire? Dove? Concordo solo su Megan Fox come Wonder Woman! (Visto che Jessica Alba è già la Donna Invisibile... ;-))

lunedì 3 maggio 2010

L'omo de fero!

Lo aspettavo con una certa ansia, più che altro per rivedere in azione quella splendida armatura giallo e rossa, mica per la storia, che come al solito c'entra poco con l'originale, o meglio, con quella fanno una tale cozzaglia che chi non conosce il personaggio capisce tanto quanto chi ne è appassionato, e cioè NIENTE! Non è assolutamente mia intenzione fare una recensione del film, la cosa non fa per me e la lascio a chi piace farlo, ma vorrei solo sottolineare quelli che per me sono stati i tre momenti "caldi" che una volta che avrò il dvd tra le mani guarderò e riguarderò molto volentieri. Primo: Tony Stark in armatura che si gode una ciambellona alla Homer Simpson, di prima mattina, sdraiato come un sirenetto nella mega ciambella-simbolo su di un grattacielo. Inutile dirvi che mi ha fatto ricordare la mitica scena di Homer con testa a ciambella che fa fatica a non mangiarsi! Secondo: La "futura" Vedova Nera che, in abito da sera e tacchi a spillo a mo di trampoli galattici, dice una battuta ad un sofferente Tony pre-festa di compleanno che fa accaponare la pelle (guardate il film, indovinate di quale si tratta tra le tre/forse quattro battute che fa in tutto il film e poi mi direte...). Terzo: il solito finale a sorpresa post colonna sonora di chiusura che fa da preambolo al seguito (c'è sempre un seguito...) dove compare un oggetto da paura! Mjöllnir! Quando è apparso mi sono quasi inginocchiato in adorazione... Ahi! Sì, sì, tolgo il quasi! Lo gnometto mi picchia col suo pugnetto sulla tempia! Infingardo! Mmmmh, guarda che... Sta arrivando il Dio del Tuono!
PS Sondaggione del film nella colonna a fianco!