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domenica 9 maggio 2010

ARGENTO

Si racconta che Argento fosse il più felice degli esseri viventi sulla Terra: poteva coprire grandi distanze come e quando voleva, con il suo modo di volare così perfetto. Cosa poteva chiedere di più, lui che sembrava tutt’uno con il cielo e spesso pareva dar del tu al signor vento, alle nuvole, al sole; lui che sembrava poter dominare le stelle, tanto amava volare silenzioso e leggiadro anche nel buio della notte… A tutto questo pensava spesso mentre volteggiava con estrema eleganza sulle valli e guardava con arrogante superiorità, dall’alto in basso, anche le montagne più alte, fino a quando, un giorno, la vide…

In quella mattina di primavera il vento era meno freddo del solito, nonostante l’altezza a cui stava volando e la vicinanza di alcuni nevai. D’un tratto, una folata d’aria calda lo convinse a lasciarsi guidare per altre vie, cullandosi nel dolce tepore di quelle correnti. Si trovò in pochi minuti nei pressi del grande lago dove ogni anno, ripetutamente, vi si dirigeva per poter assistere allo spettacolo dei prati che, giorno dopo giorno, fiorivano in mille colori e in mille profumi: che scena spettacolare si presentava sempre ai suoi occhi. Probabilmente era l’unica cosa cui si sentiva inferiore, ma quel giorno era destino che qualcosa cambiasse la sua vita.
Dal bosco attiguo al lago un’insolita figura catturò la sua attenzione. Si avvicinò volando in picchiata e raggiunse velocità incredibili, tanto era ansioso di capire perché le sue piume stavano fremendo in quel modo. Con un semplice gesto delle grandi ali rallentò la sua discesa e puntò tra i pini più alti, fino a fermarsi su di un grosso ramo. La guardò e quasi si sentì mancare…
Quei capelli sembravano oro, tanto erano splendenti e lucenti alla luce del sole! Avrebbe voluto avvicinarsi e far almeno finta di interessarsi alle briciole di pane che dalle mani la ragazza offriva ad alcuni passeri, solo per poterle essere più vicino; avrebbe voluto avvicinarsi almeno un poco e vederla meglio, ma già da dove si trovava riusciva comprendere quanto quegli occhi azzurri, infiniti come il cielo, lo avevano rapito. Prese subito il volo, ancora frastornato, con in mente i dorati capelli, i due occhi che racchiudevano il cielo, le bianche vesti che ne esaltavano la bellezza.
Per la prima volta si sentiva confuso… Osò addirittura non degnare di uno sguardo l’amico sole che, cercando di consigliarlo e non avendo alcuna risposta, ne rimase offeso; fu lo stesso per il vento, la montagna, le nuvole…
Solo ora Argento capiva quanto la solitudine lo aveva accompagnato per tutta la sua esistenza: voleva conoscere l’amore… Ma cosa stava combinando? Stava forse fuggendo da quella visione angelica? Si fece forza e con una manovra che gli risultò più faticosa del solito, tornò indietro dalla ragazza dai dorati capelli, dagli occhi che racchiudevano il cielo e dalle bianche vesti che n’esaltavano la bellezza.
Si posò su di una roccia ai piedi della grande quercia, madre e padre di tutti gli esseri viventi della foresta, ed osservò da lontano la sua dolce visione. Per qualche secondo se ne stette fermo ed immobile, tanto che gli parve un’eternità. Solo un raggio di sole poté distrarlo per un attimo, ma fu soltanto un attimo.
Quando si voltò si sentì ardere in modo indicibile: la ragazza gli correva incontro e, raggiuntolo, continuò a parlare tendendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi, visto che era seduto. Era seduto!? Che miracolo era mai quello? Ora era un uomo! Tese quella che secondo lui doveva essere una mano e si alzò in piedi. Il contatto tra i due, probabilmente lo fece arrossire.
La ragazza cominciò a ridere…
Rideva di lui! Rideva di Argento! Non riusciva a dire nulla, non sapeva parlare. Continuava a ridere di lui! Non capiva ciò che gli diceva, ma capiva che ora rideva di lui…
Mentre una lacrima gli solcava il viso, la ragazza, i cui capelli non erano più dorati, i cui occhi non racchiudevano più il cielo, e le cui bianche vesti ora erano inutili e sbiadite, se ne stava andando fischiettando e saltellando.

La foresta si fece silenziosa.

L’atmosfera era pesante e l’aria quasi irrespirabile: il cuore gli sembrava doversi spaccare da un momento all’altro. Cominciò a correre all’impazzata, anche se in modo scomposto, e superata la grande quercia si buttò per il pendio. Pensò solo che voleva morire, che voleva farla finita. Che ingenuo sono stato… Ma qualcosa andò storto…
Erano l’amico vento, che ora lo sorreggeva con cura, e l’amico sole, che lo scaldava con altrettanta premura; il cielo era di nuovo suo amico e sia le montagne che le nuvole gli sorridevano ancora, come sorelle.
«Non possiamo permettere che finisca così.» dissero in coro.
In quello stesso istante, Argento poté nuovamente stendere gli agili artigli e tendere con forza le poderose ali, tanto da librarsi nell’aria con la solita innata maestria. Mandò subito uno sguardo d’intesa al sole, alle montagne; si lasciò cullare dal vento, sorrise alle nuvole. Capì di aver sempre avuto tanti cari amici. Capì che contava soprattutto saper parlare col cuore…

Si racconta che Argento fosse il più felice degli esseri viventi sulla Terra: sicuramente, ora lo era più di prima…

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1 commento:

Silvio Porrini ha detto...

Questo fu l'ultimo racconto che scrissi prima di dedicarmi a qualcosa di più impegnativo. Bei tempi, era il penultimo anno di scuola. O forse era proprio l'ultimo?