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lunedì 14 maggio 2012

Custodi del Portale (La Nuova Stirpe)



La giungla era silenziosa. In attesa. In ascolto. Muovendosi furtivamente gli agili Scinchi dalla cresta gialla stavano seguendo le tracce lasciate incautamente da quegli insulsi umani che cercavano di fuggire. Ma l’intricata foresta si stava dimostrando un ostacolo ben più grande del previsto, per quegli sprovveduti. Aumentarono l’andatura. Volevano assolutamente raggiungerli prima del calar del sole.

Un urlo, seguito da voci concitate ed il clangore metallico di armi che colpivano altro metallo, attirarono la sua attenzione. Sibilando e gorgogliando rallentò l’unità formata da esperti Scinchi armati di arco corto e frecce avvelenate, poi, quasi cinguettando, li esortò ad accelerare ulteriormente. Raggiunta una piccola radura notò con disappunto come i fuggiaschi umani avevano trovato una fine orrenda finendo stritolati e dilaniati da alcuni rovi carnivori nascosti nella bassa vegetazione. Alla tenue luce del sole, anche se sporchi di sangue e di brandelli di carne, luccicavano e risplendevano le piastre e i manufatti d’oro trafugati al tempio. Ma recuperarli era ardua impresa: bisognava evitare i tentacoli e le bocche affamate delle piante assassine. E il suo intuito gli diceva che c’era dell’altro. Indeciso sul da farsi non si accorse subito della bava che umidiccia e calda gli stava colando sul capo. La sua attenzione fu ridestata solo quando una poderosa zampata lo colpì alle spalle, tanto quanto bastò per farlo avanzare di qualche passo barcollando. Un paio di metri più avanti le liane si tesero pronte a stritolare e le bocche si aprirono in famelica attesa, sembrando sgargianti fiori tropicali dal delicato profumo che invitava ad annusarli. Il prode Scinco si voltò irritato, ma spalancò gli occhi per la sorpresa quando vide un grosso Sauro, un po’ più grande del normale, che lo sovrastava digrignando gli aguzzi denti. Non era la sua zona di competenza! La sua truppa di arcieri era già stata trucidata in malo modo, a mani nude: notò le posizioni scomposte assunte dai cadaveri stesi al suolo. Altri Sauri, di dimensioni più consone, se ne stavano silenziosi e guardinghi tutto intorno a loro. Il grosso Sauro, probabilmente un Veterano Sfregiato, indossava piastre dorate, bracciali, un pellicciotto di leopardo, un copricapo variopinto e, cosa che lo sorprese, impugnava un’ascia a due mani tanto grande che anche un Kroxigor avrebbe faticato a maneggiarla. Il colore della sua spessa pelle a scaglie, viola con riflessi rossastri, lo fecero riflettere un istante, ma la paura e la sorpresa lo paralizzavano impedendogli di pensare. Appoggiando una zampa all’elsa del pugnale che portava alla vita, il Sauro, col grosso muso e sbuffando dalle grandi narici, gli fece un gesto intimandogli d’avanzare verso la radura, dove la trappola mortale lo aspettava. Scorgendo un ghigno quasi divertito nel terribile sguardo del bestione, gli occhi dello Scinco si fecero sottili ed indagatori. Ecco un altro dettaglio: un occhio dello Sfregiato era protetto da un disco d’argento con incastonata una pietra verde. Più grosso del normale, un’arma gigantesca, un occhio solo, l’inconfondibile Marchio di Tepok… Impossibile! Rèzel! Il sanguinario! Voltandosi nuovamente verso la radura mise insieme il confuso puzzle che inizialmente gli era sembrato indecifrabile. Quelle liane, i rovi, i fiori. Non era quello il loro posto, alla luce del sole e nella vegetazione così bassa! E il corpo degli umani: ora gli sembravano fatti a pezzi in ben altro modo. Guardò di nuovo i Sauri. Alcuni avevano le mascelle e le armi insanguinate. Cominciò a capire. Incrociò nuovamente lo sguardo col suo boia. Impugnava già la sua grande ascia a due mani, con quale leggerezza e maestria, e stava per colpirlo quando si bloccò a mezz’aria, titubante e, incredibile per un Sauro, in preda di un’emozione, sia essa paura, nervosismo, eccitazione, non sapeva dire quale. Un’ombra lo ricopriva, ma non era quella di Rèzel. Si voltò e questa volta ebbe paura per davvero…

Un fantasma! Un Sauro fantasma! Un Sauro fantasma grande, grosso, cattivo! Un Sauro albino dagli occhi di ghiaccio, impenetrabili e terrificanti. Non era grosso quanto Rèzel ma incuteva timore ed emanava un’aura di energia immensa. L’aria si era fatta pesante e ci si muoveva faticosamente, come schiacciati da una mano invisibile. I sauri, indietreggiando, avevano tutti chinato il capo e abbassate le armi, in segno di sottomissione. Rèzel era titubante. Stavolta era impossibile sbagliarsi! Era il Signore della Guerra, il Prescelto dagli Dei, l’Innominabile: era Apocalisse! E dunque, costui che stava per giustiziarlo era davvero Rèzel, l’araldo del braccio armato degli Antichi.

Ciò che accadde poi, sarebbe divenuta leggenda. Apocalisse, sempre con lo sguardo perso in quello di Rèzel, posò una zampa sulla minuscola spalla del prode Scinco. Prese da dietro la schiena qualcosa che gli porse: una curiosa arma a due lame, entrambe a forma di falce. Ma fu solo quando i suoi occhi da blu ghiaccio divennero rosso fuoco che Rèzel ripose a sua volta la sua ascia e chinò il fetido muso grugnendo. Sommessamente, il Sauro albino bofonchiò qualcosa: ”Shark”. Da quel giorno quello sarebbe stato il nome del nuovo devotissimo servo del Prescelto dagli Dei…








1 commento:

Silvio Porrini ha detto...

le mie miniature "prendevano vita"...