Pagine

venerdì 2 aprile 2010

IL CUORE NERO DELLA GIUSTIZIA

Non era buio. Una debole lama di luce fendeva l’oscurità della stanza dove infinite tonalità di nero si sovrapponevano per impedirgli di vedere chiaramente. E standosene con gli occhi chiusi, in silenzio e completamente rapito dai suoi pensieri, ciò che meno poteva contare in quel momento, era se fosse o meno immerso nel buio di una stanza.

Percepiva istintivamente la freddezza delle nudi pareti di acciaio, mentre il tavolo su cui poggiava i gomiti, in legno sintetico magistralmente lavorato, lo lasciava indifferente. Il soffitto di nero metallo vivente era uno spettacolare ribollire di gorghi e vortici sinuosi, generati dalla percezione catalizzante delle emozioni provate da quello che in quel momento doveva essere l’unico essere vivente presente nel locale. Sul tavolo, spoglio e asettico, poggiava un piatto di plastica bianca. Un tozzo pomodoro dall’intenso color rubino se ne stava immobile e solitario, lasciandosi contemplare.

Quello era il giorno stabilito.

Ciò che stavano per fare andava al di là di ogni possibile questione etica o morale. Non aveva dubbi sul fatto che la ragione fosse dalla loro: la storia gli avrebbe reso giustizia. Com’era d’altronde possibile che qualche migliaio di persone, sparse per tutto il mondo, pronte a quell’immane sacrificio, potesse anche solo lontanamente fallire lasciando così che il resto dell’umanità perseverasse stoicamente e ciecamente nell’errore? Si sorprese accorgendosi di come un dubbio che lo aveva assalito qualche anno prima, quando aveva abbracciato la causa, si fosse assopito per poi ripresentarsi in tutto il suo contradditorio splendore proprio nel giorno della grande prova.
Guardò fugacemente in un angolo alla sua destra: il globo luminoso era spento. Non emanava la sua consueta soffusa ed ipnotica luce azzurrognola, come in tutte le altre cellule abitative, dove invece, in quel preciso momento, altri globi vagavano per gli ambienti rischiarando mestamente gli anfratti più bui, come lucciole cibernetiche assetate di oscurità. Il globo sembrava addormentato, pronto a non accendersi mai più e disposto come tutti loro ad immolarsi per una causa superiore: si sarebbe ricoperto di polvere e molto semplicemente, senza che nessuno si degnasse di cercarne il motivo, sarebbe rimasto lì per sempre, inoperoso e inutilizzato. Anche per lui e gli altri “disturbatori della quiete pubblica” ci sarebbe stata tanta indifferenza? No. Non questa volta. E anche il globo luminoso avrebbe avuto il suo momento di gloria: l’aveva sabotato. Appena gli Agenti del Sindacato fossero arrivati per prenderlo in consegna, si sarebbe attivato segnalandogli il loro arrivo, così da permettergli di portare a termine la missione. Non dubitava che sarebbero arrivati presto e sogghignò compiaciuto scorgendo nella penombra il braccio sinistro che da qualche minuto aveva smesso di sanguinare. Chissà che espediente e che accorgimenti avevano preso gli altri suoi compagni per sincronizzare l’operazione? Non doveva mancare molto, ormai. Era più che certo che in meno di un’ ora tutto si sarebbe concluso rapidamente.

Si era volutamente estirpato il chip di controllo che veniva imposto fin dalla nascita dal Sindacato. Forse quell’azione era stata la più dura da portare a termine: era stato difficile decidere per un’azione tanto irrazionale e violenta, pur immaginando il dolore che ne avrebbe provato, la spossatezza psicologica che ne sarebbe derivata. Fare del male a se stesso, al proprio corpo, era così… così blasfemo, così immorale! Eppure, assolutamente necessario e indispensabile. Fu poi curioso scoprire come il proprio sangue potesse avere un odore così intenso ed un sapore così metallico e dolciastro. Queste erano le poche sensazioni che avrebbe condiviso con gli altri: il sangue versato e l’intimo dolore della propria carne straziata, il grido silenzioso e inascoltato nella spasmodica ricerca di un compromesso che potesse portare prosperità e ridare un futuro.

Inspirò a fondo.

Espirò a lungo.

In certe situazioni il tempo faceva i capricci e non scorreva come doveva. L’attesa diveniva insopportabile e insostenibile. Strinse con forza i folti ricci che aveva in testa. Strizzò appena gli occhi quando, per una contrazione dei muscoli, il braccio ferito gli ricordò l’offesa precedentemente ricevuta. L’occhio gli cadde nuovamente verso l’angolo dove, come lui, il globo luminoso era in struggente attesa. Quasi sperò che entrasse in funzione, così da porre fine a tutto quanto, subito. La fine… Di tutto quanto...

Il più semplice dei gesti, anche se sconsiderato agli occhi dei benpensanti, poteva portare a tutto questo? Notevole il fatto che per un nuovo inizio, una nuova era, ci volesse per forza una fine, la disfatta totale. Il loro Movimento, con quel gesto di protesta, si sarebbe automaticamente e deliberatamente auto soppresso. PUFF. Come se non fossero mai esistiti. Non avevano mai fatto nulla di eclatante, come certi gruppi estremisti che avevano lottato per salvaguardare i diritti degli automi; o quelli che avevano ottenuto l’aumento di un’ora settimanale per il concepimento libero. Quelli sì che erano stati grandiosi! Ma stavolta era tutta un’altra storia.

Il loro gesto e la loro conseguente dipartita avrebbe intaccato addirittura il sistema economico mondiale! Le multinazionali, i grandi mercati, la moneta unica: tutto sarebbe crollato e dal caos sarebbe sorto un nuovo ordine. Certo, la popolazione si sarebbe ridotta drasticamente, quasi della metà. Ma così facendo, almeno, ci sarebbe stato più spazio per i pochi meritevoli che aprendo gli occhi e la coscienza, non sarebbero stati inermi di fronte allo sfacelo generale. L’idea di spazio che poteva significare libertà lo fece sorridere. Era un po’ come tornare a tempi pioneristici ormai dimenticati: l’uomo sarebbe tornato padrone di sé, pienamente consapevole e responsabile. Vivere più a lungo non sarebbe più stato il desiderio ultimo dell’uomo medio. Il sogno sarebbe diventato vivere meglio e godere appieno di ogni giorno.

Soddisfatto di questo lungo ragionamento, scattò quasi sorpreso quando vide diffuso per la stanza il sospirato bagliore azzurro. L’illuminazione a giorno del globo luminoso quasi lo infastidì. Guardandosi attorno notò sconsolato come davvero la sua stanza fosse così impersonale e fredda, asettica. Percepì movimenti furtivi all’esterno. Trovò disdicevole andarsene senza aver potuto fare una qualunque cosa per l’ultima volta. Si sentiva un condannato a morte, anzi, un martire! Tanti martiri pronti ad immolarsi per i propri fratelli! Ecco cos’erano, cosa dovevano diventare! Sorrise nuovamente. Guardò compiaciuto il rigoglioso pomodoro nel piattino di plastica. Basta con l’alimentazione sintetica, i derivati, gli integratori, i controlli periodici dei valori fisiologici. Oggi avrebbero commesso il più grave dei reati: nutrirsi di cibo raccolto dai campi inselvatichiti della Zona Esterna.

Nel suo caso era stato scelto un ortaggio al giusto punto di maturazione: sodo, gagliardo nel suo colore sgargiante, sicuramente succoso e privo di conservanti o altre strane sostanze nocive. Lo prese in mano, saggiandone la morbida ma decisa consistenza. Era curioso di sapere quale fosse il gusto di un pomodoro vero! Chissà in quanti come lui avevano scelto un ortaggio o un frutto. Di sicuro pochissimi avevano optato per la carne di qualche animale selvatico: non avevano l’esperienza necessaria e nemmeno le capacità richieste per la cattura di una qualunque preda. Il rumore all’esterno si fece sempre più insistente. Nessuno gli intimò la resa o lo mise in guardia dalla rappresaglia ormai prossima: la pena per ciò che stava per fare, alimentazione tramite sostanze biologiche naturali non autorizzate, era la soppressione immediata. Accantonò il pensiero e sorrise nuovamente per la surreale immagine che gli si formò nella mente: lui che addentava, gli agenti della sicurezza pubblica che facevano irruzione sparandogli, riducendolo a brandelli. Non si sarebbe potuto capire dove finiva il sangue e dove invece cominciava il succo di pomodoro. Sarebbe morto affogato in un mare rosso…

Strinse con un po’ più di forza il pomodoro, decidendosi finalmente ad addentarlo. Mentre se lo portava alla bocca non si accorse che l’ortaggio ebbe un breve sussulto, quasi di ribellione. Si udirono gli spari: sordi, implacabili…
+Estratto dal Servizio serale del TGU (Tele Giornale Unico)+

Ore 19:55:58 del 78°Ciclo Solare – Terzo Pianeta del Sistema

… un massacro. Secondo fonti attendibili, alcuni facinorosi, dediti alla violenza e ad ogni forma sovversiva punibile con l’immediata soppressione, sono stati giustiziati come monito per tutti coloro che in futuro avessero anche solo lontanamente la voglia di concepire simili atti intollerabili nei confronti della società. Il Magister Maximus sottolinea come tali gesti di incivile convivenza tra esseri umani sia totalmente deprecabile. Nel suo intervento, il pensiero guida che dovrebbe illuminarci è risultato chiaro ed inequivocabile. Ne viene riportato fedelmente il concetto, tramite proiezione olografica tridimensionale:

“La Legge è fatta per essere rispettata. La Legge è giusta. C’era un tempo in cui non essendoci la scrittura tutto ciò che concerneva la giustizia era riassunta in un numero di dettami talmente limitato, che chiunque poteva tranquillamente rammentarli. Chi sbagliava sapeva quale sarebbe stata la conseguenza, la punizione. Chi sbagliava, nello stesso istante in cui commetteva l’errore, sapeva che sarebbe stato giudicato e condannato. Tutti potevano riconoscere la colpa; tutti sapevano come si doveva intervenire. Ma col tempo ciò portò ad una diffusa prevaricazione. Chiunque si sentiva autorizzato ad emettere una sentenza e ad eseguirla, credendo di essere nel giusto. Ma Io vi assicuro che il giusto sa che non può e non deve permettersi di andare oltre. La Legge non va interpretata. Ed è per questo che la Legge stessa si è moltiplicata: non per confondere o indurre nell’errore, ma per portare chiarezza e precisione. Non per spodestare la razionalità umana del singolo, ma per dar voce alla rettitudine della massa. Ora vi chiedo: sapendo che c’è chi per voi dedica tutta la sua vita esclusivamente per il bene supremo della collettività, non vi sentite più sereni, più tranquilli? Non provate un sottile piacere potendovi dedicare senza affanni ad un godimento meritato della vostra precaria quotidianità? Uso parole forti, ma so che vi rendete conto di come solo chi amministra in vece del Popolo la Giustizia Superiore possa godere della longevità in eternum. Qualcuno penserà ad un privilegio discutibile, qualcuno concorderà invece con la necessità e la consapevolezza che per mantenere l’ordine e la pace ci voglia tempo e integrità di spirito. E per rendere possibile tutto ciò, si chiede solo di confidare in chi sacrifica il proprio tempo, la propria vita, ad una simile causa. Il sentiero è tracciato, basta scorgerlo e continuare a percorrerlo nonostante le foglie che potrebbero ricoprirlo. Vi esorto tutti, indistintamente, a riflettere su quanto, insieme, possiamo fare per il nostro presente ed il futuro dei nostri figli. AVE”

Si pregano i gentili ascoltatori di recarsi, nel giorno della Comune Redenzione, alla Basilica del Magister Maximus con una generosa offerta, congrua al proprio status e con l’Equilibratore perfettamente calibrato per l’evento. Non sarà tollerata nessuna forma di manifestazione o associazione, seppur spontanea, se non precedentemente concordata con la Segreteria del Sindacato. Vi auguriamo un Buon proseguimento di serata in compagnia della RU (Rete Unica).

Quest'opera è stata rilasciata sotto la licenza Creative Commons Attribuzione 2.5 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by/2.5/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA.

1 commento:

Silvio Porrini ha detto...

Il racconto compare nell'antologia "L'Utopia" pubblicata nel 2009, in quanto opera finalista